Il territorio

Ultima modifica 3 maggio 2021

Storia del Comune di Pieve d'Olmi e del territorio circostante

 

Già dall’età del Bronzo (4.000 – 1.000 a. C.), gli uomini primitivi stanziarono stabilmente nella zona di San Fiorano del Palazzo, dove nell’anno 1960, durante la realizzazione di alcuni lavori, vennero rinvenuti resti di armi e vari oggetti in pietra e d’osso.

A Pieve d’Olmi si insediarono prima gli Etruschi e Romani che nel IV e III secolo a.C. iniziarono i lavori di realizzazione di un argine (modesto ma funzionale per quel tempo), sul quale i Romani costruirono una strada allo scopo di agevolare la mobilità delle truppe per contrastare l’avanzata in Italia di Annibale. Questa via di comunicazione era d’importanza strategica in quanto collegava Cremona a Casalmaggiore, Viadana e Brescello.

Olderico Vescovo di Cremona dal 973 al 1004, a quei tempi responsabile non solo della città, ma anche di tutto il territorio compreso nel raggio di 5 miglia, conoscendo le abilità dell’Ordine Benedettino, affida Lagoscuro (cascinale con chiesa che si trovava nel territorio di Pieve d’Olmi fino al 1879), ai frati Benedettini dell’Abbazia di Nonantola. In quella cascina poterono agire in piena libertà sotto la protezione dello stesso Vescovo, ed edificare l’Abbazia di cui restano ancora tracce ai nostri giorni.

Alla morte del Duca Francesco Maria Sforza avvenuta nel 1535, Carlo V di Spagna cedette come feudo il ducato di Milano, e quindi anche Pieve d’Olmi, al figlio Filippo II, dando inizio alla dominazione spagnola che si protrarrà per 170 anni. In quel periodo a Pieve d’Olmi vi erano i marchesi:

- Delle Mele (Meli) a Malgarida; attuale S. Margherita

- Amidani a San Fiorano Sup.;

- Gagarotti al Bagarotto;

- Ariberti a San Fiorano del Palazzo;

- De Bissolati al Forcello;

- Alio a Cà de’ Ali;

- Croci a Cà de’ Croci.

I feudatari che vivevano nei propri feudi detenevano ed esercitavano un potere enorme, commettendo brutalità ed ingiustizie governando come tiranni. In questo periodo in tutta la Lombardia scoppiò la peste del 1630, che Manzoni descrive nei “Promessi sposi”. Nel Cremonese i primi casi si manifestarono verso la fine del mese di febbraio mentre a San Fiorano la peste arriva il 6 giugno 1630 e colpisce un servo del sig. Bagarotti che fu “sepolto senza esequie per la contagione, e senza sacramenti”. Da quel momento l’epidemia dilaga nel territorio di Pieve d’Olmi ed iniziò il triste conto delle vittime.

Quei giorni terribili sono raccontati da un autore: ”alcune giandusse (ghiande) dei carboncelli, dei bubboni che apparivano nelle parti più deboli e delicate del corpo e una leggera febbre davano inizio del crudo malore, e toglievano la vita in meno di un giorno chi ne veniva attaccato…

Spesso i moribondi si immischiavano ai morti…

Le case degli appestati erano immantinenti chiuse. Le contrade sbarrate e tolta ogni comunicazione.

Moltissimi morivano di fame, d’affanno, di disperazione. E quando a Dio piacque cessò finalmente il tremendo flagello, restando vivi solamente orfani, orbati ed derelitti di ogni condizione, età e sesso”.

Durante la peste e la carestia, secondo Grandi, a Cremona morirono 16.000 abitanti, più dei due terzi della popolazione della città. Non sappiamo con esattezza quante persone morirono a Pieve d’Olmi ma, da una visita pastorale del 22 maggio 1599, la parrocchia contava 795 fedeli, mentre 40 anni dopo, nella visita pastorale del 1639, la popolazione è di 770.

Nel 1647, scoppiò una guerra tra francesi e spagnoli che ebbe come teatro il Piemonte, il Monferrato e la Lombardia. Francesco I, figlio di Alfonso III d’Este duca di Modena, fatta alleanza con i francesi e savoiardi, valica il fiume Po a Dosolo e si impadronisce di Correggio Verde, Pomponesco e Casalmaggiore. Cremona era senza mura difensive. Il Governatore dello Stato, avvisato da un corriere espresso che il nemico aveva oltrepassato il Po, convocò  il consiglio di guerra a Pieve d’Olmi il 25 settembre 1647: “Ivi fu discorso, e fra quei capi D. Luigi Poderico generale della cavalleria di Napoli disse sopra di ciò con argomenti efficaci, e mostrò con vive ragioni doversi alla Maestà del Re N.S. conservare la città di considerabile e ben affetta”. Si decise, proprio a Pieve d’Olmi, la difesa della città di Cremona. Nel capoluogo cremonese in brevissimo tempo, sei giorni, vennero innalzati ripari, scavate fosse, atterrati alberi, diroccati borghi, tagliati i ponti sul canale lungo la strada detta Cerca, per tenere lontano il nemico.

Dopo avere assediato Cremona, Francesco I, duca di Modena, si ritira a San Fiorano dove pernotta il 6 ottobre 1647 con tutto il suo esercito. Il giorno seguente si ritira a Casalmaggiore dove passerà l’inverno.

Nell’inverno del 1648, per porre freno alle drammatiche conseguenze dei saccheggi del nemico, venne riunita da alcuni nobili, una squadra di contadini al comando di Marcantonio Brunello, praticissimo del territorio cremonese. Questa squadra soprannominata “farabutti” dai francesi, divenne il flagello ed il terrore dei nemici.

Al termie della stagione invernale, trascorsa con scorribande in tutto il casalasco, il 18 marzo 1648 il nemico arriva a San Fiorano. Ma la popolazione si è spostata a Cremona per mettersi in salvo.

Il 20 maggio 1648, si schiera alle porte di Cremona, tutta la cavalleria, la fanteria e l’artiglieria nella zona tra Madonna del Campo e San Sigismondo. L’intero esercito francese che conta 3.000 cavalli e 5.000 fanti, alloggia la notte a Sospiro, San Salvatore e zone limitrofe. 400 cavalli francesi e alcuni fanti si spingono fino a Pieve d’Olmi. Ma i “farabutti” si avvicinano e ne scaturisce una sanguinosa battaglia che termina con la morte di 15 farabutti, altri 10 furono fatti prigionieri e impiccati, mentre le perdite francesi furono 2 capitani con 6 cavalli ed alcuni fanti.

San Fiorano, che fino al 1700 era più importante della stessa Pieve d’Olmi, tanto da essere riportato nelle antiche cartografie, così come Lagoscuro. Proprio San Fiorano, fu scelta da Giovanni Baldesio (noto anche come Zanen de la Bala) per celebrare il proprio matrimonio con Berta dè Zoli. Lì venne anche consumato il pranzo nuziale nei locali inferiori del palazzo.

Nel XII secolo, i monaci Umiliati dell’Abbazia di S. Abbondio di Cremona, si stabilirono a Pieve d’Olmi e proseguirono la bonifica dell’Agro impiantando anche una delle più antiche “Spezierie” della Lombardia.

Pieve d’Olmi è appartenuta fino agli inizi dell'Ottocento al ducato di Parma e Piacenza, passò alla provincia di Cremona in seguito al trattato di Vienna, molto probabilmente anche a causa delle modificazioni del corso del fiume Po, dovute alla costruzione degli argini.

Con l’editto del 30 novembre 1755, rimessa in vigore nel maggio 1816, viene costituito il comune di Pieve d’Olmi.

Il comune di Pieve d’Olmi era costituito dal Remitello, dalla canonica, Cantarane, Cà del Croce, Casella, Borlenga (frazione di Pieve d’Olmi), Cappellana (frazione di Pieve d’Olmi), Bardella (frazione di Pieve d’Olmi), Bardelletta, Borghetto, Canova, Cà dé Gatti, Cà Brusada, Gerolo, Bosco Rongone (Cà del Codolo).

Esistevano altri comuni che oggi sono stati accorpati a Pieve d’Olmi:

-        Cà dé Staoli: costituito dalle cascine Cà dé Staoli, San Bartolomeo, e Fraganesco. Nel 1856 il comune contava 300 anime. Il 17 maggio 1860 il Sindaco di Cà dé Staoli, Quaini, propone al Comune di Pieve d’Olmi l’aggregazione. Il 15 agosto 1867 Vittorio Emanuele II decreta l’unione di Cà dé Staoli con Pieve d’Olmi.

-        San Fiorano: era formato da San Fiorano Superiore, San Fiorano del Palazzo, Ostaria Nuova e San Fiorano dei Bagarotti. Questo Comune viene assorbito dal Comune di Pieve d’Olmi nel 1820. ( Una famiglia di Pieve d’Olmi conservava il timbro del Comune di San Fiorano fino a qualche decennio fa.

Il territorio oltre il fossato Pozzolo, fino alla fine del 1700, era sotto la giurisdizione parmigiana. Nel 1785, dallo stato d’anime, il Gerolo è stato estero.

Nella giornata di domenica 1° maggio 1870, viene fondata a Pieve d’Olmi la Società di Mutuo Soccorso, un’istituzione a carattere assistenziale, di cui oggi rimane una lapide commemorativa nella piazza XXV Aprile.

Nel territorio si trova un patrimonio storico-artistico del quale ne fanno parte:

-        la chiesa parrocchiale di San Geminiano è composta da tre navate. All’interno vi sono affreschi raffiguranti la vita di San Geminiano, opere secentesche di Luigi Quaini. Qui si trovava, inoltre, la Madonna con Bambino e San Giovanni Battista, un’opera settecentesca di Angelo Massarotti, di cui si è persa notizia;

-        la villa Fraganeschi Ariberti Castelbarco Soldi (in località San Fiorano del Palazzo), risalente ai primi decenni del XVII secolo. La villa era famosa, almeno fino al 1819, per il suo giardino, fatto costruire da Monsignor Ariberti, allora Vescovo di Palmira, il quale fece venire appositamente un architetto da Parigi. La villa si presenta con una la pianta ad “L”, con lo scalone d’onore posto all’innesto dei due fabbricati. In entrambi si trova un atrio passante, collegato da un porticato continuo. A lato della costruzione si svolge la corte rustica, con cappella gentilizia a pianta centrale. Oggi del bel giardino non rimane alcuna traccia;

-        la villa Quaini (in località Cantarane). Edificata alla fine del Settecento mediante l’accorpamento di vari fabbricati risalenti ad epoche diverse. La facciata minore presenta al centro una torretta. Da qui si accede alla sala centrale, la cui volta si presenta ornata da pitture e stucchi di sapore classicheggiante risalente alla seconda metà del XIX secolo. Anche gli altri ambienti presentano decorazioni pittoriche.

 

Il toponimo è composto da due parti, la prima è da ricondurre al latino PLEBS, PLEBIS, “pieve” o “popolo”, che nel latino della cristianità (IV secolo circa), nelle zone in cui aveva avuto influenza il diritto francone, indicava “una parrocchia di campagna”; la seconda parte, invece, deriva dal latino ULMUS. Non a caso, lo stemma del Comune di Pieve d’Olmi è costituito da una chiesa affiancata da olmi.


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